Tra le tecniche di marketing più utilizzate ed efficaci vi sono quelle che fanno leva sulla sfera emotiva e neurologica dei consumatori ovvero i Bias Cognitivi.

Dopo la guida su come analizzare il comportamento di acquisto degli italiani e le fasi che il cliente deve affrontare prima di acquistare un prodotto, ci focalizziamo oggi su due specifici bias cognitivi: il principio di scarsità e quello di prova sociale.

Vediamo insieme di cosa si tratta e come le aziende utilizzano questi mezzi per conquistare clienti e vendere i propri prodotti.

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Limited edition: come si attiva il bias cognitivi della scarsità

Uno dei principi cardini sfruttato da ogni azienda è quello della scarsità. I brand fanno leva sul fatto che i prodotti in promozione sono gli ultimi pezzi rimasti o che gli sconti sono validi solo per pochi giorni, così da velocizzare il processo di acquisto. Quando il cliente si trova ad agire in fretta non è in grado di pensare razionalmente. Entra quindi in azione l’area emozionale del cervello, che fa prendere decisioni in base agli stati d’animo percepiti o previsti.

Il principio del bias cognitivi di scarsità è stato elaborato da Robert Cialdini nel suo libro “Le armi della persuasione”. Secondo l’autore, il cliente è spinto dal proprio inconscio a superare una situazione limitante che non gli permette di ottenere uno specifico prodotto. Molti brand utilizzano questo tipo di comunicazione per incentivare i propri clienti all’acquisto nel breve periodo, presentandogli l’offerta come un affare da non perdere. In colui che acquista nasce così una sensazione di ansia e incertezza che lo spinge ad agire.

Quando il bene è scarso e l’utente si sente limitato nella scelta, ecco quindi che entra in azione il bias cognitivo di scarsità. Esso fa agire l’acquirente per contrastare l’interferenza esterna e soddisfare il suo presunto bisogno. Infatti, l‘utente agisce principalmente per paura di perdersi l’offerta più che per il guadagno che otterrà dalla sua stessa azione.

I neuroscienziati hanno definito questo fenomeno anticipated regret: quando un individuo sta per fare una scelta, tiene in considerazione anche i sentimenti che sperimenterà una volta presa tale decisione. In particolare, “anticipa” il senso di rimorso e sovrastima negativamente i suoi sentimenti qualora non dovesse soddisfare il proprio desiderio.

Preferiamo prendere scelte che non ci faranno provare situazioni spiacevoli in futuro. Se applicato al principio di scarsità, l’utente che vede un’offerta limitata acquista il prodotto così da non rimanere senza e non provare un senso di dispiacere.

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Tipologie di scarsity

Le aziende possono sfruttare questo bias cognitivo, in differenti modi, producendo prodotti o offrendo servizi in edizione limitata o per periodi di tempo specifici.

Possiamo distinguere due principali applicazioni dello scarsity bias:

  • Scarsità di tempo: il prodotto è disponibile solo per un determinato periodo e dopo questo non sarà più possibile acquistarlo.
    La comunicazione usata dai brand che vogliono far leva su questo bias cognitivo includono termini quali “solo per oggi”, “ultimi giorni”, “offerta a tempo”.
  • Scarsità di quantità: i beni venduti sono prodotti in edizione limitata; ovvero esiste una specifica quantità di tali prodotti che, una volta terminata, non sarà riprodotta. Avere accesso a questi prodotti rari attrae specialmente utenti che vogliono apparire ed essere riconosciuti per ciò che possiedono o utenti fanatici del brand. “Affrettati, ultimi pezzi disponibili” o “solo 2 camere rimanenti sul sito” sono esempi di questo bias cognitivo.

 

Scarpe da “corsa”

Un esempio lampante dell’effetto “disponibilità limitata” è quello registrato qualche mese fa con la vendita delle scarpe Lidl. Le Sneakers della catena di supermercati tedesca erano sold out dopo poche ore dal lancio. Nonostante l’Italia si trovasse ancora in situazione di emergenza per il covid, masse di ragazzi e non si contendevano le ultime paia nelle corsie degli store. Le scarpe dal colore blu e giallo, caratteristico del brand, erano in vendita nei supermercati a poche decine di euro, ma sono state ben presto oggetto del mercato online dove il prezzo è lievitato a migliaia di euro a causa della rarità del bene.

Lidl ha pienamente centrato il proprio obiettivo. Comunicando che il prodotto era in limited edition, ha scatenato una vera e propria corsa all’acquisto, così come era successo precedentemente in altri paesi europei, attraendo l’attenzione del pubblico verso la potenza del proprio brand.

 

Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che è scarso

Il principio di scarsità attiva nella mente del cliente anche un altro processo involontario: se un bene è a disponibilità limitata significa che è unico e prezioso. Secondo questo ragionamento le vendite sono ulteriormente incentivate se un bene è promosso come scarso o difficilmente raggiungibile.

 

Prova Sociale

Quando al principio di scarsità si affianca quello di esclusività ecco che nel nostro cervello si attiva anche un altro bias cognitivo, quello della prova sociale.

Se un bene diventa “di lusso”, perché pochi possono averlo, tutti vorranno acquistare questo determinato prodotto per essere allo stesso livello e appartenere a un gruppo.

Con prova sociale si intende infatti un fenomeno psicologico per cui gli individui compiono azioni per essere parte di un gruppo o per riflettere all’esterno una determinata situazione.

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Online la prova sociale è fomentata dalle recensioni. Ogni volta che un utente lascia una propria opinione su un prodotto o un servizio, questa viene analizzata da altri potenziali clienti che speranzosi di ottenere lo stesso beneficio decidono di concludere l’acquisto.

Alcune ricerche sostengono che il 95% degli utenti online si basa sulle recensioni prima di concludere un acquisto. In particolare, tra i giovani, le recensioni online sono spesso paragonate a quelle che un amico o un parente potrebbe fare di persona.
Dati alla mano, è quindi importante che il tuo e-commerce e i tuoi social siano popolati da clienti contenti che esprimono il loro apprezzamento verso i tuoi prodotti.

L’utilizzo dei social ha permesso di generare ulteriori metodi per scatenare il bias cognitivo della prova sociale. Postare stories o post con la fila di clienti fuori dal proprio negozio incita gli spettatori a recarsi in quel locale poiché già altri hanno provato l’esperienza e non esserne parte porterebbe all’esclusione dal gruppo.

Infine, un altro metodo utilizzato online, specialmente nei siti di prenotazione, consiste nel far apparire un banner che sottolinea che altri utenti hanno già completato l’operazione. Ne è un esempio la scritta “altri 10 utenti hanno prenotato questa struttura nell’ultima settimana” che appare mentre si sta cercando un hotel su Booking.com.

L’effetto prova sociale è sfruttato dalle aziende all’interno del proprio piano editoriale, dove vengono proposte e pubblicate le recensioni di clienti soddisfatti.

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Scarsità e prova sociale: due bias a confronto

In una ricerca del 2016 sulle abitudini di consumo si è dimostrato che gli utenti preferiscono comprare per se stessi prodotti in edizione limitata e acquistare invece i prodotti più venduti se il bene è destinato a qualcun altro.

Se l’acquisto è per se stessi prevale il bias cognitivo di scarsità; se l’acquisto è rivolto ad altri prevale il bias della riprova sociale, in particolare se si è certi della scelta che si sta effettuando.

Nonostante i due bias cognitivi analizzati siano ampiamente sfruttati dai markettari di tutto il mondo e il cliente sia cosciente di questa situazione, difficilmente il nostro cervello si comporta in modo razionale quando entra in contatto.

Sfruttare i bias cognitivi è quindi un metodo fruttuoso per bypassare le scelte razionali dei potenziali clienti e aumentare il loro apprezzamento verso un determinato brand.

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