Stai per leggere l’intervista condotta da Carmen Pupo, Copywriter e Giornalista, al collega Andrea Nani, da poco entrato nel team di OTO Agency in qualità di UX e UI Designer. La figura di Andrea è particolarmente interessante perché a metà tra il designer e il developer, con competenze creative ma anche tecniche, che convogliano nella progettazione di siti web più belli, più usabili e tecnicamente ineccepibili.
Iniziamo subito!
Carmen: “Andrea, cosa ti ha spinto a diventare un UX/UI Designer? Come hai iniziato in questo campo?”
Andrea: “È iniziato tutto con la scelta del percorso universitario: Design al Politecnico di Milano. I primi anni come designer di prodotto, poi come designer di comunicazione. L’etichetta ux/ui è solo la formalizzazione di quello che è sempre stato per me il design: ordinare le informazioni per comunicarle nel modo più efficace possibile.”
Carmen: “Qual è il progetto di design che ti ha dato più soddisfazione finora?”
Andrea: “La soddisfazione dipende da tanti fattori (interni o esterni alla propria personalità) e ognuno di questi è importante. Ci sono tanti progetti, ognuno calzante per ognuno di questi fattori e tutti importanti per la mia crescita come professionista. Senza citare nomi, segnalo un e-commerce con la configurazione di ogni prodotto / gadget; un gestionale per un noto fornitore di componenti per biciclette e i primi siti in Flash.”
Carmen: “In un mondo dove la tecnologia cambia continuamente, come fai a tenerti aggiornato sulle novità del design e delle UX/UI?”
Andrea: “Newsletter di settore e di aggiornamento di prodotti/software, siti di premi come awwards e un occhio costante a Google e Apple.”
Carmen: “Nel tuo lavoro, quale parte del processo di design ti appassiona di più?”
Andrea: “L’organizzazione delle informazioni sia per aree omogenee che per pattern riconosciuti ed efficaci, per ottimizzare gli obiettivi che ci si è prefissati con il cliente all’inizio del progetto.”
Carmen: “Hai qualche consiglio per chi vuole intraprendere la carriera di UX/UI Designer? Che qualità sono più importanti per avere successo in questo campo?”
Andrea: “Curiosità, mettere in discussione le proprie conoscenze ogni due – tre mesi, capire che si è un tassello in tutto il processo di creazione di un’interfaccia e che dalle nostre soluzioni progettuali dipende quanto dovranno faticare gli altri professionisti coinvolti nel processo.”
Carmen: “So che sei anche un ballerino nel tempo libero! La danza e le altre tue passioni – che sappiamo essere numerose – ti aiutano anche nel tuo lavoro di designer, magari per trovare ispirazione in modo diverso?”
Andrea: “Al di là della danza, che ultimamente sto praticando meno, sono sempre stato uno sportivo: 20 anni di atletica e cinque di nuoto, direi che ho fatto il mio… Lo sport è fondamentale per svuotare la mente e ripartire più carichi. Invece la progettazione di giochi – altra mia grande passione – mi riporta al mondo del design ma da diversi punti di vista: mi allena a trovare nuove soluzioni utilizzando pochi semplici elementi ricorrenti, dettati dalle esigenze di produzione.”
Carmen: “Sicuramente sei una persona impegnata… Hai qualche routine speciale o qualche trucchetto che ti aiuta?”
Andrea: “Il lavoro è composto da 8 ore, con focus, dedicate. Nel restante tempo da cui è composta la giornata si possono fare tantissime altre cose. Sicuramente una giornata ben organizzata e scadenzata aiuta ad ottimizzare i tempi morti e… Forse sì, dovrei dormire di più, dato che mi sveglio alle 6:00 per la mia routine.
Carmen: “Torniamo a parlare di lavoro, qual è l’errore più comune che vedi nella progettazione delle interfacce utente, e come lo correggeresti?”
Andrea: “È un errore in cui incappo ancora spesso: pensare che l’interfaccia sia ad uso esclusivo mio e non di un sacco di gente che potrebbe utilizzarla in tanti modi e con device differenti. Questo penso sia l’errore più comune, non considerare “l’altro”.”
Il modo più semplice per correggerlo è immedesimarsi negli altri, simulando grezzamente delle disabilità fisiche o cognitive (socchiudendo gli occhi per vedere meno, utilizzando l’altra mano con il mouse, utilizzando strumenti ad hoc come quelli di iubenda o Elementor, …), ma anche ipotizzando i più diversi utilizzi e punti d’ingresso (cosa succede se io utente arrivo dai social? E se arrivo da un annuncio? Da qui sono già interessato ad un prodotto specifico o voglio semplicemente dare un’occhiata?).
Carmen: “Se dovessi descrivere la tua filosofia di design in tre parole, quali sarebbero?”
Andrea: “Invisibile, inclusiva, assertiva.
Invisibile: Il vero design (inteso democraticamente come buona progettazione e non come qualcosa di lusso per pochi) è ben pensato solo se le persone utilizzano un artefatto comunicativo in modo naturale, senza accorgersi di utilizzarlo e senza frizioni.
Deve essere per tutti e non escludere fasce di utenti solo ed esclusivamente in onore del bello.
Un design che si presenta con sicurezza e autorevolezza, basato su una solida logica e una chiara comprensione del suo scopo. Non chiede scusa per la sua funzione o la sua forma, ma le comunica in modo diretto ed efficace, guidando l’utente con chiarezza e intenzionalità. È un design che “sa il fatto suo” e lo dimostra attraverso la sua semplicità e la sua efficacia.
Grazie mille Andrea per il tuo contributo!
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