Anzitutto, prima di entrare nel merito dell’argomento, una domanda da farsi a monte è: perché un’agenzia di comunicazione è interessata a raccontare un evento televisivo come Sanremo?
Semplice: negli ultimi anni la competizione canora più famosa d’Italia non è più solamente un evento mediatico che le persone e più precisamente i pubblici, fruiscono passivamente.
Grazie al potere acquisito sui social network e più in generale internet, abbiamo una maggiore consapevolezza di essere utenti attivi che non solo seguono gli eventi e li commentano interagendo, ma sono in grado di influenzarne in modo incisivo lo svolgimento, proprio grazie a queste interazioni.
Questo concetto di transmedialità evidenzia come contenuti ed esperienze siano sempre più interconnesse e si estendano oltre i confini dei singoli canali di comunicazione. Consentendo ai fruitori di partecipare attivamente alla creazione e diffusione di significati e narrazioni.
Il medium è il messaggio
Per comprendere come si sviluppa questo processo possiamo riprendere una distinzione proposta dal sociologo e filosofo Marshall McLuhan. L’intellettuale canadese si è occupato di studiare l’impatto della comunicazione sugli immaginari collettivi e le culture.
L’estrema attualità del suo pensiero si può riassumere in una delle sue frasi più celebri: il medium è il messaggio.
Secondo lo studioso l’importanza risiede nelle modalità attraverso le quali i media intervengono per organizzare la comunicazione degli stessi.
Egli distingue tra media caldi e media freddi.
I media caldi si basano su un principio di alta definizione tale per cui lasciano poco spazio all’interazione dello spettatore. Di contro i media freddi, come la radio o il telefono analogico, richiedono uno sforzo da parte di chi riceve, perché trasmettono poche informazioni.
L’aspetto interessante di questa teorizzazione sta nel fatto che il filosofo utilizza in maniera antitetica rispetto al significato originale, le espressioni che generalmente indicano le differenze di temperatura.
Ma soprattutto questa classificazione identifica la televisione come un media freddo che incentiva la partecipazione dello spettatore, lo interpellano, lo invitano a personalizzare i contenuti che fruisce.
Si tratta di affermazioni che a distanza di più di mezzo secolo, si sono rivelate intuitive rispetto a ciò che si è verifica ormai da qualche anno nella settimana della kermesse sanremese, riassumibile in una altrettanto efficace quanto icastica espressione: “Papalina”.
Transmedialità, mass-media e new media
Il primo a utilizzare l’espressione “narrazione transmediale” è stato lo studioso di comunicazione e media Henry Jenkins. Questa è una forma di narrazione che si muove su diversi media e permette di arricchire l’esperienza dell’utente con informazioni inedite.
In parole semplici, le tecnologie digitali hanno permesso il superamento del concetto di pubblico di massa, inteso come un marasma indistinto, folla. Quelli che sono stati definiti nuovi media non si limitano a fornire rappresentazioni mediate della realtà ma ne fanno parte.
Ecco che allora un gruppo di giovani decide di commentare il festival da un bar Porto Sant’Elpidio soprannominato “Papalina” dal nomignolo del suo proprietario.
Fino a che l’idea geniale, nata nello stesso bar, di traslare le regole del fantacalcio alla musica dando vita al “Fantasanremo”. In poco tempo è diventato virale al punto che tutti i concorrenti, le trasmissioni radio, le interviste, sono state monopolizzate dai più strani rituali che rispondono tutti a questa competizione alternativa e parallela.
Del resto, è un po’ quello che si è verificato negli anni scorsi con l’imperturbabile e professionale Beppe Vessicchio, maestro inneggiato negli scorsi anni dal gruppo comico “The Jackal”. Questi youtuber commentano in diretta sui social il festival al punto da coinvolgerlo anche nei loro video e da diventare loro stessi conduttori dello spazio “Prima Festival”.
Quella appena descritta è un’altra caratteristica figlia di questa convergenza, ovvero la molteplicità. Che si riferisce alla possibilità di creare racconti multipli all’interno del medesimo mondo narrativo.
La peculiarità di queste forme narrative risiede nel fatto che richiedono meno vincoli, permettendo agli utenti di esprimersi liberamente.
A pensarci bene è quello che facciamo ogni qual volta, com’è accaduto per Sanremo, interveniamo sui social network, interagendo con la nostra rete di amici per dire la nostra.
Transmedialità a Sanremo: dal pubblico di massa alle community
Se dunque la peculiarità della transmedialità si può intendere come l’estensione delle possibilità della comunicazione di traslare su diversi media, adeguandosi di volta in volta alle caratteristiche del contesto, ne consegue che è possibile pensare altrettanti modi di fruire un medesimo contenuto.
La televisione non è più solo televisione, ma è anche interazione e il mondo dell’intrattenimento ne è consapevole. Ecco perché è nata la tv digitale, le trasmissioni in diretta streaming. Per rispondere ad un’esigenza figlia della cultura convergente: ovvero la personalizzazione dell’apprendimento.
Posso guardare un programma online e nel frattempo commentarlo con i miei amici, creare un meme e postarlo sui social per interagire con la mia rete di amici
È proprio grazie alla transmedialità che Sanremo si è trasformato in un fenomeno trasversale. Si tratta di superare l’anacronistico preconcetto di pubblico come massa indistinta e facilmente manipolabile.
Perché oggi, fare musica e fare comunicazione in senso più ampio, implica tener conto di community esigenti e altamente eterogenee che emergono anche offline e riescono a penetrare i mezzi di comunicazione tradizionali perché fortemente animate da un bisogno atavico e spesso dimenticato: il piacere di divertirsi, stando insieme, anche (e soprattutto) online.
E voi, su chi avete scommesso al Fantasanremo?
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